mercoledì 29 ottobre 2008

Sono Confusa!!!!!!!!!

Ricordo che il silenzio e',a volte,la maggiore risposta e che non ottenere quello che vuoi e' a volte un colpo di fortuna.Ricordo anche bene che il piu' grande amore e i maggiori successi nella vita comportino i maggiori rischi ,Ma non ci sto capendo tante cose nella vita soprattutto il destino!!!!!Amarti m'affatica,mi svuota dentro qualcosa che assomiglia a un ridere nel pianto.Amarti mi consola le notti bianche qualcosa che riempie vecchie storie fumanti.
Comunque sono disperata stasera e tranne tante cose che ho da fare devo pensare al destino e futuro e a te che non so ancora cosa pensi ma lo so che vivi nel presente e non ti frega ne' del futuro ne' del passato.

martedì 28 ottobre 2008

Architettura e' un labirinto senza fine!!!!!!!!!!!!!!!!!

Cosa dimostra Duchamp?

Primo: si possono realizzare opere d’arte che indagano sui meccanismi della concettualizzazione e della rappresentazione in cui il valore estetico di ciò che è rappresentato è secondario: gli stoppages étalon rifiutano, perché non pertinente, qualsiasi apprez­zamento relativo alla loro forma, composizione, colorazione, bel­lezza.

Secondo: gli oggetti rappresentati, svuotati di valore estetico, diventano per così dire trasparenti: hanno valore solo in quanto ri­velatori di operazioni condotte su di loro. L’attenzione si trasferi­sce dall’oggetto ai rapporti e relazioni che esistono tra oggetti.

Terzo: per far capire all’osservatore che il discorso verte su un metadiscorso e non su una rappresentazione, l’opera d’arte deve, diversamente da quella tradizionale che avvolge, coinvolgendo i sensi, produrre una sensazione di straniamento. Da qui l’espe­diente di presentare opere in cui è messo in discussione il confine tra ciò che è rappresentazione e ciò che è realtà (quale è la vera unità di misura? il concetto astratto di misura, il filo di un metro, il metro rigido curvilineo o la sua rappresentazione su tela?), di giocare sui doppi sensi che producono un cortocircuito di signifi­cato (un me­tro curvo è un metro?) e, infine, di utilizzare oggetti banali di ri­dotto valore denotativo e connotativo (chi mai ha pen­sato, prima di Duchamp, di usare per un’opera d’arte un oggetto tanto banale qu­anto un metro?).

Quarto: per passare da un medium di rappresentazione a un al­tro – per esempio dalla realtà bidimensionale a quella tridimensio­nale o da questa a quella concettuale – è essenziale operare per proiezioni, siano queste anamorfosi, traslazioni o anche metafore.

Duchamp è stato da molti critici considerato come il precursore dell’arte concettuale, che si svilupperà nella seconda metà degli anni Sessanta. Sono molte, infatti, le affinità tra i ready made du­champiani e le tautologie di Atkinson, Baldwin, Bochner, Burn, Darboven, Graham, Ramsden, Venet. Un’opera, in particolare, tuttavia ricorda le proiezioni dei 3 stoppages étalon. È One and th­ree chairs (Una e tre sedie) di Joseph Kosuth: una composizione fatta da una sedia reale, una sua immagine fotografica ingrandita al vero e una definizione di sedia tratta da un dizionario.

Scegliendo un oggetto banale e moltiplicandolo per tre, Kosuth lo scarica di ogni valore iconico, con la conseguenza che il suo si­gnificato non risiede più nell’oggetto stesso in quanto immediata­mente percepibile ma nella correlazione dei segni tra di loro, nella serie delle associazioni linguistiche ed extralinguistiche alle quali l’opera allude. Così la sedia è un oggetto perché è per noi anche immagine e concetto. È un concetto perché è anche immagine e oggetto. E, ancora, è una immagine perché è insieme concetto e oggetto.

Conclusione: l’arte, proprio come la realtà, si fonda su un in­sieme di relazioni proiettive, in un gioco di specchi ciascuno dei quali permette la rappresentazione dell’oggetto ma non riesce mai, da solo, aesaurirne il contenuto.

Ma se la conoscenza e l’arte partecipano di un gioco incessante di proiezioni, non può esistere differenza di principio tra concet­tualizzazione e metaforizzazione. La metafora, infatti, esattamente come il concetto, vive nello spazio proiettivo, essendo una figura fondata sulla omologia, sulla similitudine, sull’interscambio tra una realtà e una analoga o assimilabile. La sedia fotografata, la sedia oggetto e la sedia – parola sono, in altri termini, metafore l’una del­l’altra.

Auna conclusione simile giunge Marshall Mc Luhan quando, sempre negli anni Sessanta, affronta lo studio dei media, cioè degli strumenti attraverso cui si veicolano i messaggi. Sono questi ultimi che permettono l’articolarsi e lo strutturarsi della realtà in un con­tinuum metaforico. Lo stesso oggetto, nel suo essere tradotto da un medium all’altro, si chiarifica ma nello stesso tempo assume nuove connotazioni e aperture interpretative. Esattamente come il filo dei 3 stoppages étalon, passando da un medium all’altro, di­venta una unità di misura, poi un reticolo spaziale e infine un con­duttore di energia malica. O come la sedia una e trina nelle di­mensioni dello spazio, dell’immagine e della scrittura.

Architecture and war are not incompatible.Architecture is war.War is architecture.I am at war with my time,history,with all authority that resides in fixed and frightened forms.I am one of millions who do not fit in,who have no home,no family,no doctrine,no firm place to call my own,no known beginning or end,no sacred and primordial site.

Ci sono progettisti che hanno sognato un tempo in cui le loro utopie si sarebbero potute realizzare, grazie magari a delle innovazioni tecnologiche che avrebbero permesso alle loro architetture di essere realizzate davvero, leggere e colorate come un cielo blu